III edizione (2012)

peter steinPeter Stein

Faccio teatro da 45 anni, e ho avuto la fortuna di fare tutto ciò che si può fare in questo mestiere, dal teatro autogestito al Festival di Salisburgo. Ora, a 75 anni, lo faccio in campagna, a contatto con la terra, a San Pancrazio
Peter Stein

Fa una certa impressione trovarsi a un passo da Peter Stein, leggenda vivente del teatro che dopo aver passato una vita dirigendo attori su qualunque tipo di palcoscenico, da una quindicina d'anni ha scelto di ritirarsi ad Amelia, in Umbria, immerso nel verde di querce e ulivi secolari. Diventando uno stimato produttore d'olio. Un'attività per cui ieri, venerdì 9 novembre, il regista è stato premiato a Imperia con il Frantoi dell'arte 2012, assegnato per il terzo anno da Onaoo e Teatro Pubblico Ligure di Sergio Maifredi.

Insieme alla moglie, l'attrice Maddalena Crippa, Peter Stein ha ristrutturato un antico borghetto medievale in rovina - San Pancrazio, in provincia di Terni - adagiato tra 170 ettari di boschi, vigne e uliveti. Un buen retiro che il regista ha adattato alle sue esigenze: si è fatto costruire un teatro studio nel quale prova tutti i suoi spettacoli (celeberrimi i Demoni di Dostoevskij, nati proprio qui a fine anni Novanta), mentre tra le otto case del piccolo borgo Stein ospita attori e amici, coniugando vita e lavoro.
«San Pancrazio è un luogo agricolo-teatrale» racconta il regista «Ho fatto costruire una sala prove di 30 metri per 16, alta 8 metri, dove lavoro con gli attori. Loro vengono da me, poi portiamo lo spettacolo nei teatri dov'è stato commissionato».
Ma San Pancrazio non è solo questo: «Qui ospito fino a 50 amici che vengono a dare una mano a me e a Maddalena per la raccolta delle olive» continua il regista «Il senso è quello di unirsi nel lavoro per due settimane, allontanandosi totalmente da ciò che si fa per tutto l'anno. Stare insieme nella natura, tra gli alberi che ti accarezzano, crea un'atmosfera unica, commovente. Mangiamo insieme, lavoriamo insieme, ci riposiamo insieme: sono ritmi ottocenteschi che non fanno più parte della nostra vita. E condividerli con gli amici è qualcosa che ti tocca nel profondo. Gli ulivi, poi, sono vere e proprie sculture viventi, forgiate dall'uomo in secoli di lavoro. Fare parte di questa storia è una grande emozione».
«Abbiamo finito ieri di imbottigliare: Peter mi ha fatto chiudere a mano 180 bottiglie d'olio. Ora mi informo per una macchina industriale». mi racconta Maddalena Crippa mentre scorre le foto sull'iPhone: ci sono lei e Peter tra le fronde, a cinque metri d'altezza, all'opera nella raccolta delle olive. E poi quelle mentre preparano il succo di melograno, altre abbracciati con un enorme arcobaleno alle spalle: una vita di campagna genuina, in mezzo alla terra, fatta di lavoro e ritmi lontanissimi dallo star-system.
«Il contatto con i contadini diventa indispensabile per noi teatranti, sempre staccati dalla realtà» racconta Stein nel suo perfetto italiano «Noi, per creare, dobbiamo chiuderci fuori dal mondo, isolandoci dall'esterno, lavorando soltanto con luci artificiali. È il lavoro che lo richiede. Ma trovarsi di fronte a un campo arato, con i suoi colori, gli odori e la luce, trasmette una forza incredibile. È per questo che il mondo dei contadini ha molta più importanza del mondo del teatro».
L'amore di Peter Stein per l'Italia è di vecchissima data: «Sono nato a Berlino nel '37, e ho sempre avuto la tendenza a lasciare il mio Paese. Chiunque faccia parte della mia generazione non può amare la Germania. Lo dico: sono razzista verso i tedeschi. Fin da ragazzo avevo voglia di andarmene, ed essendo cresciuto nella zona francese di Berlino la prima meta è stata Parigi. Però, dopo aver studiato filologia tedesca e storia dell'arte, venire in Italia è stato naturale e necessario: qui risiede l'85% dell'eredità culturale che ci ha lasciato il mondo antico. E da quando ho conosciuto Maddalena, nel 1989, sono finito in una vera e propria trappola italiana».
Nonostante la grandezza di regista e attrice - indimenticabili i loro allestimenti classici, tra cui la Medea al teatro greco di Siracusa, nel 2004 - è nota la difficoltà per la coppia di trovare spazi nel circuito stabile italiano. Nonostante per sua stessa ammissione Stein non ami le interviste («Anzi, le odio», precisa ruvido), questo tema tocca un suo nervo scoperto: «Gli artisti in teatro sentono la necessità di dover mettere il loro culo sul mercato. Ed è il motivo per cui troppi registi pensano di poter diventare i protagonisti dello spettacolo sostituendosi al testo e agli attori. Io invece faccio teatro insieme ai miei attori, sono un primus inter pares, perché il teatro è un'arte collettiva. Il pericolo degli Stabili è la burocratizzazione, che assorbe moltissime risorse rischiando di pietrificarsi in strutture nelle quali gli artisti spariscono per lasciare spazio alla macchina, all'apparato, a cose che stanno intorno al teatro ma non sono il teatro. Il teatro è fatto di testo, attore e pubblico. Perfino il regista arriva molto dopo. E questo un regista non deve mai dimenticarlo, perché se sopprime l'attore, puntando tutto sul proprio individualismo, allora fa qualcosa che non è teatro. E oggi se ne vede davvero troppo».
Laura Gugliemi - Mentelocale

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