Yves Klein, judo e teatro, corpo e visioni
Genova - Palazzo Ducale dal 06 Giugno 2012 al 02 Settembre 2012.
di Sergio Maifredi **
Ho sentito per la prima volta il nome di Yves Klein su un tatami, durante uno stage tenuto dal maestro Pino Tesini.
Da allora ho iniziato ad inseguire questo nome mitico. Le sue opere, i suoi scritti, le sue fotografie, i suoi film. Centinaia di immagini. Migliaia di parole.
Per chi, come me, è stato accompagnato dal Judo per tutta la vita, è impossibile non leggere in trasparenza, tra le righe di Klein, gli insegnamenti ricevuti in ore e ore di esercizio in judogi; per chi, come me, di teatro vive è una luminosa scoperta la genialità dello spazio scenico intuito da Klein.
Il Judo e il Teatro si intrecciano. Jigoro Kano[1], il creatore del Judo, nel racchiudere i suoi insegnamenti nei paradigmi dei Kata, usa i codici del Teatro No. Ogni Kata porta in scena un principio del Judo, lo rappresenta.
Il Judo e il Teatro vivono nelle tre dimensioni: lo spazio del judoka e quello del teatrante non sono circoscrivibili su un piano, quanto piuttosto in una sfera. Non esiste solo un “avanti e indietro”, un “destra o sinistra” ma anche un “sopra e sotto”. Nel Judo il tuo corpo scivola nell’aria, rotea, cade, si rialza; conosci il peso di un corpo che si muove nello spazio sottoposto alle leggi gravitazionali. L’attore affronta lo stesso spazio.
Il Judo e il Teatro sono fatti di contatto fisico. Di corpi che si toccano, si sfiorano si intrecciano. Di odori, di carne.
In Teatro non c’è un “io” senza un “tu”. Nel Judo non c’è un “Tori” senza un “Uke”. Non puoi fare Teatro da solo. Non puoi fare Judo da solo.
L’immortalità si conquista insieme scrive Klein[2]; tutti insieme per progredire è l’insegnamento di Jigoro Kano.
Il Judo e il Teatro obbligano ad essere responsabili dell’incolumità del compagno. Non c’è mai stato nulla di erotico, di pornografico né alcunché di amorale in queste sedute fantastiche (…). Con me, le modelle capivano, facevano qualcosa, agivano. Rassicura Klein in Vieni con me nel Vuoto, pubblicato in Dimanche. Sia nel Judo che nel Teatro il gesto origina dall’azione dell’altro; il Judo e il Teatro sono dinamici, esistono nel movimento: quello che mi interessa nel judo, quello che mi appassiona, è il Movimento, il fine del Movimento che è sempre astratto e puramente spirituale[3], annota Klein.
Dove l’arte di Klein appare scaturire in modo nitido dal Judo e dal Teatro è nello spazio scenico tatami-sudario delle antropometrie. La tela bianca posata sul pavimento è l’area del combattimento e al tempo stesso il luogo della rappresentazione.
Ai bordi l’orchestra suona, gli spettatori guardano, il regista Klein, in smoking dirige o forse arbitra l’incontro. Incontro che è rito. Sul tatami si sale con un inchino, salutando il tatami stesso, salutando i maestri e i compagni.
Creare le Antropometrie era chiaramente una specie di cerimonia: l’impregnazione fisica della modella con il Blu di Yves (IKB) avveniva in silenzio, in un’atmosfera di grande intensità: Yves, quasi memore di sacerdoti antichi, indicava solo dove applicare il colore. Il corpo della modella, impregnato di blu, si trasformava allora chiaramente in energia vitale materializzata: mi sembrava che diventasse un mezzo per il flusso del “ki”[4].
L’impronta della modella è l’impronta del judoka che cade sul tatami, coglie puntuale Pierre Restany[5].
Del resto come immaginare l’opera capolavoro il Salto nel Vuoto[6] se non generata da uno spirito intriso di Judo e Teatro. Un gesto che rivela, in uno scatto, anni di esercizio fisico e spirituale e capacità profonda di comunicare, di condividere, di mettere in comune uno stato dell’anima.
Yves Klein sa che il Teatro vero, non quello borghese, accade qui ed ora ed è irripetibile ed esige la morte dell’attore.
E’ un teatro della crudeltà il suo, memore per impregnazione di Artaud, come ha saputo scoprire Giuliana Prucca[7]; anticipatore de Lo Spazio Vuoto di Peter Brook, lo spettacolo del futuro è una sala vuota[8], scrive Klein.
Ho guardato decine di volte le fotografie di Klein. Mai in posa eppure sempre presente, mai sorpreso, sempre zen, in armonia con lo spazio. Ho guardato il ragazzo gioiosamente inquieto che in trentaquattro anni, tanto dura la sua avventura su questa terra, sa abitare contemporaneamente più vite, componendo la sua opera più bella: la vita, la vita stessa che è l’arte assoluta[9].
Le fotografie costituiscono un ulteriore spazio scenico, una rappresentazione sacra che accompagna la vita di Yves.
Yves Klein judoka, Yves Klein teatrante, Yves Klein in volo verso il superamento dell’arte: la mia opera è la mia scia[10], lui è già oltre, nella fotografia lui c’è ma in assenza, la fotografia è la traccia di una traiettoria.
Yves Klein vive in modo totale il Judo, il Teatro, l’Arte. Non gli basta il dojo di Nizza, non si limita a sognare il Giappone: parte per Tokyo, studia un anno e mezzo al Kodokan e ottiene il 4° dan. Nel Teatro ha intuizioni leonardesche, geniali e ancora lontane dall’essere esplorate oggi. Immagina spazi scenici totalizzanti: una città intera, o addirittura una capitale o, meglio ancora un Paese intero deve servire da scenario[11] per vivere l’azione pura della cattura del vuoto.
Yves raggiunge la sintesi di Judo, Teatro e Arte.
Ho lottato contro la mia vocazione di “pittore”, partendo per il Giappone, in cui poter vivere l’avventura del Judo e delle Arti marziali antiche: allo stesso modo, ho lottato contro la mia vocazione “d’uomo di teatro”; ma appunto, il Judo, attraverso la pratica fisica e spirituale dei Kata, si è costituito, mio malgrado e nonostante la mia formazione, come quella disciplina dell’arte che è il teatro.
(…) Amo Molière e Shakespeare perché, nella loro opera, si trova quella trasparenza del vuoto che mi affascina.
Per me “teatro” non è affatto sinonimo di “Rappresentazione” o di “Spettacolo”.[12]
In Klein, come in Artaud, il teatro è “l’atto”è il rito.
Le sue conferenze sono happening, Klein è un comunicatore che sa essere pericoloso, non racconta, vive e ritualizza.
Ogni gesto di Klein appare semplice. Il blu è Blu. L’oro è Oro. Il fuoco è Fuoco. Come l’ippon perfetto del Judo.
Ho sempre pensato che fosse molto meglio sfondare le porte piuttosto che perdere tempo a cercarne le chiavi. (…) Quando sono arrivato in Giappone (…) pensavo solo a sfondare porte (…) mentre notavo intorno a me infinite quantità di chiavi che avevano tutta l’aria di funzionare ed aprire senza danno, senza dover sfoderare un’inutile potenza.
Mi ci sono voluti ben sei mesi in Giappone di scontri accesi e scatenati ignorando i sapienti kata, prima di fermarmi un giorno senza fiato, stremato e indispettito davanti all’ennesima porta, questa volta troppo spessa, e decidermi finalmente ad afferrare con rabbia la chiave che già da tempo mi offriva uno degli anziani maestri del Kodokan, sorridendo sempre dolcemente. «E ho aperto la porta girando semplicemente la chiave nella serratura!»[13]
Klein, come i maestri orientali, sa catalizzare energie presenti nell’etere.
Klein dice ciò che ancora non esiste nelle parole degli umani, supera il Judo, supera il Teatro, supera l’Arte, preannunciando un mondo immateriale, un mondo che sta per raggiungere la Luna, che non conosce ancora internet, la rete, la globalizzazione. Ma Klein già è lì ad afferrare qualcosa che sta arrivando ed è nell’aria.
Da anni mi esercito a levitare e conosco bene i mezzi per riuscirci davvero (le cadute di Judo)[14]. Siamo onesti, per dipingere lo spazio ho il dovere di recarmi sul posto.[15]
Il suo mondo è blu. Domenico Modugno deve ancora cantare al mondo: penso che un sogno così non ritorni mai più / mi dipingevo le mani e la faccia di blu.
Deve ancora volare.
Lui, Yves Klein, il pittore dello spazio ha già fatto tutto questo.
* Articolo pubblicato nel catalogo Yves Klein – Judo e Teatro – Corpo e Visioni edito da TeARTo (Italia) e Pasaz (Cracovia, Polonia) in occasione della mostra omonima realizzata a Genova a Palazzo Ducale nel 2012.
** Sergio Maifredi
Ha ideato e curato insieme a Bruno Corà e con la consulenza judoistica del maestro 7° dan Pino Tesini, la mostra Yves Klein - Judo Teatro - Corpo Visioni, a Genova a Palazzo Ducale dal 06 Giugno 2012 (a 50 anni esatti dalla morte di Yves Klein) al 02 Settembre 2012.
È cintura nera 2° dan.
[1] JIGORO KANO (1860-1938) Fondatore del judo. Appassionato di sport fin da ragazzino (fondò il primo club di baseball giapponese), si avvicinò allo studio del jujitsu in un’epoca in cui la pratica era in forte declino, a causa della tendenza modernizzatrice e occidentalizzante che investì il Giappone nella seconda metà dell’Ottocento. Divenuto maestro a sua volta, fondò nel 1882 il Kodokan Judo, la prima scuola per l’insegnamento del judo. Per tutta la vita fu attivo in particolare come educatore, vedendosi anche assegnare incarichi di rilievo da parte del governo nel campo della pubblica istruzione, e si occupò con passione della divulgazione del judo in tutto il mondo.
[2] Yves Klein, L’evoluzione dell’arte verso l’immateriale – Conferenza alla Sorbona, 1959.
[3] Appunto da un dattiloscritto di Yves Klein, presso Yves Klein Archives, Parigi.
[4] Da Bruno Corà, Gilbert Perlein, Yves Klein – La Vita, la vita stessa che è l’arte assoluta, catalogo della mostra (Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Nizza, 2000 – Museo Pecci di Prato, 2000-2001 ). Gentilmente concesso da Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
[5] Pierre Restany (1930-2003) critico d’arte francese, fondatore del movimento del Nouveau Réalisme all’inizio degli anni sessanta, amico e grande sostenitore di Yves Klein, incontrato nel 1955.
[6] Le saut dans le vide, di Harry Shunk e John Kender.
[7] Giuliana Trucca, Artud e Klein, “l’assenza più reale della presenza”, in Yves Klein, Verso l’immateriale dell’arte – con scritti inediti, a cura di Giuliana Trucca, Obarrao edizioni, 2009.
[8] Yves Klein, L’evoluzione dell’arte verso l’immateriale – Conferenza alla Sorbona, 1959.
[9] Yves Klein, L’evoluzione dell’arte verso l’immateriale – Conferenza alla Sorbona, 1959.
[10] Yves Klein, Dimanche – Teatro del vuoto, 1960.
[11] Yves Klein, Dimanche – Cattura del vuoto, 1960.
[12] Yves Klein, Dimanche – Teatro del vuoto, 1960.
[13] Yves Klein, I fondamenti del judo, 1954.
[14] Yves Klein, Dimanche – Dal vertiginoso al prestigioso, 1960.
[15] Yves Klein, Dimanche – Un uomo nello spazio, 1960.
I cataloghi delle edizioni sono a cura di Sergio Maifredi
Il progetto grafico è di Michal Jandura
I volumi sono stampati in tiratura limitata per i tipi di Pasaz in Cracovia.
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